La Paura del Telegiornale
Sappiamo che le fobie sono paure eccessive che spesso si associano a comportamenti di evitamento e che hanno lo scopo di limitare l'interazione con ciò che è temuto, liberando la persona che ne soffre dall'angoscia. Dal punto di vista psicologico spesso le fobie costituiscono un tentativo di modulare le angosce connesse a competitività e timori di ritorsioni (la famosa ansia da prestazione e angoscia di castrazione di cui tanto parliamo), per fare fronte alla paura di perdere il controllo di essere colti dal raptus.
I pattern contro-fobici sono quelli in cui un oggetto o una situazione temuta vengono cercati attivamente. Per esempio se abbiamo paura di volare facciamo un corso di paracadutismo o di deltaplano. Le modalità contro-fobiche, nonostante appaiano sul momento di un certo successo, raramente determinano un duraturo controllo dell'apprensione fobica, ma portano frequentemente ad una reiterazione compulsiva dell'attività del rituale che dovrebbe esorcizzare la paura, fino a determinare di per sé un disagio notevole. Comunque nella maggior parte dei casi le modalità controfobiche funzionano e quindi raramente le persone che marginalmente ne soffrono, chiedono un aiuto ad uno specialista per un eventuale trattamento, anche in casi in cui questi comportamenti possano risultare francamente rischiosi o autodistruttivi. E determinino un senso di vergogna. Un esempio tipico (senza andare a pescare nelle condotte particolarmente a rischio) è quello di quelle persone che amano i film horror di cui hanno evidentemente molta paura (altrimenti risulterebbero per lo più noiosi). Proprio per vincere questa paura tendono a sviluppare una predilezione per questo genere di film nonostante determinino notevoli problemi sul piano della qualità e della quantità del sonno disturbato come conseguenza della visione, da uno stato di insonnia o da spiacevoli incubi.
Spesso le fobie riguardano oggetti che di per sé determinano una sensazione di paura nella maggior parte delle persone (la paura di entrare nella gabbia di un leone per esempio), mentre altre volte l'oggetto diventa fonte di paura in funzione di ciò che l'individuo gli attribuisce e quindi ciò l’oggetto rappresenta per la singola persona: è il caso dei ragni che di per sé sarebbero inoffensivi a meno che non gli vengano attribuite caratteristiche particolarmente pericolose come quelle della famosa vedova nera, attraverso un processo di generalizzazione che porta ad uno stato acuto di angoscia che ha molte caratteristiche dal punto rivista psicopatologico dello stato paranoide. Non è questo il luogo in cui possiamo dilungarci sulle molteplici interpretazioni simboliche del ragno, che ha radici che affondano nella notte dei tempi (radici – terra – madre terra – madre ….), quindi bando alle associazioni libere per occuparci senza indugi, del nuovo (anche se non troppo ormai) genere di film horror che va in onda tipicamente ai pasti, e che noi comunemente chiamiamo telegiornale (TG per gli amici). Con un mio collega argentino Roberto Losso psicoanalista e terapeuta di coppia e della famiglia, qualche tempo fa riflettevamo su come, dopo oltre 60 anni, la televisione ha fatto ingresso nelle nostre case ed è diventata a tutti gli effetti un membro della famiglia il cui parere è di per sé autorevole. Jannacci negli anni '70 aveva intuito questo effetto nel testo di una bellissima canzone: “Quelli che ...” “...l'ha detto il telegiornale...”. Nel tempo quindi la televisione si è seduta alla tavola delle famiglie ed è diventata l'organizzatrice della conversazione “da pasto”. Molti di noi si sono adattati al punto di riuscire a dire (a quai 50 anni dal pozzo di Vermicino), dopo la notizia di un centinaio di morti in un incidente aereo: “scusa … mi passi il pane?...”.Quindi sembra che siamo riusciti a creare una sorta di stato dissociativo doppio: il primo individuale ci permette di vivere il telegiornale come un qualcosa di non reale una sorta di fiction alla “don Matteo” e il secondo collettivo della famiglia a tavola con il TG che mangia tranquillamente tra una catastrofe e l'altra in un clima surreale. In questo contesto, che ho probabilmente esagerato con lo scopo di ottenere una scenografia perfetta per lo sviluppo di una fobia, si determinano nel tempo quegli adattamenti individuali che ciascuno di noi riesce a mettere in atto sulla base della propria struttura di personalità. Come ho tentato di spiegare nelle righe introduttive, gli adattamenti contro-fobici che sono costituiti dal sottoporsi quotidianamente a questo trattamento con tutti i meccanismi di difesa che portano al distacco ed all'isolamento degli affetti, sono di solito sintonici. Quindi sono solo quelle persone particolarmente impressionabili o “sensibili”, come amano definirsi, che sviluppano un disturbo fobico che tendono a lamentarsi e a chiedere eventualmente assistenza presso uno specialista. La componente fobica può essere sostenuta da diversi meccanismi tra cui: il cosiddetta “identificazione con l’aggressore" e cioè la paura di mettere in atto gli stessi comportamenti aggressivi, violenti o efferati dei protagonisti dei TG in uno stato di discontrollo, in una specie di raptus, “l'identificazione con la vittima” o più semplicemente (ma non dal punto di vista psicologico) attraverso la paura della paura che è quella sensazione che coglie gli individui di fronte alla possibilità di confrontarsi con qualcosa che non conoscono e che proprio per questo determina uno stato acuto di angoscia. E' il problema di non sapere in anticipo che cosa terribile il telegiornale oggi ci proporrà per pranzo. Sono questi i casi in cui si sviluppa, in uno stato di ansia anticipatoria, la condotta di evitamento che si può mettere in atto semplicemente spegnendo la televisione, allontanandosi dall'apparecchio interrompendo il pasto o attraverso quel comportamento molto fastidioso (per gli altri) che è lo zapping compulsivo che è talvolta fonte di notevole irritazione e furiose discussioni a tavola, realizzando cos’ sebbene in maniera ridotta quella situazione di conflitto che potrebbe sfociare in qualcosa di peggio. La forza della paure e più specificamente delle fobie, è quella di realizzarsi con estrema facilità. In casi peggiori, in cui la fuga fallisce, o non rappresenta una possibilità, queste persone possono soffrire di uno stato di angoscia spesso associata a somatizzazioni fino ad un vero e proprio stato di panico. Nella pratica clinica ci ritroviamo sempre più spesso ad avere a che fare con persone che non riescono più a guardare il telegiornale e che arrivano a sviluppare una fobia o una vera e propria ossessione. Qualcuno potrebbe chiedersi a che cosa serva rivolgersi ad uno psichiatra quando basta semplicemente premere un tasto del telecomando? Ed è in effetti quello che io chiedo ai miei pazienti che ne soffrono e come spesso accade in psichiatria, scopriamo che un sintomo non è altro che la punta (evidente) di un iceberg (sommerso nel mare dei pensieri della nostra mente) e che esso può essere l'occasione per ciascuno di noi per capire un po' di più che cosa pensiamo e che cosa questi pensieri determinano in se stessi.
Agli eroi che sfidano il telegiornale senza battere ciglio tra la pasta asciutta e il dolce sperando di digerire tutto con un amaro, questa possibilità è inesorabilmente preclusa.